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Carcere 2.0. Verso la dimensione pubblica del carcere

ATA2020

Gevangenis De Koepel è un ex carcere nella città di Haarlem nei Paesi Bassi, situato al confine del centro storico nella zona Haarlem-Oost. La posizione strategica e il design unico fanno sì che il complesso occupi una posizione privilegiata e riconoscibile nella città di Haarlem. È uno dei tre edifci penitenziari in stile Panopticon esistenti in Olanda, ideato, nel 18° secolo, come modello per esercitare un nuovo tipo di potere di supervisione, con l’obiettivo di annientare lo spirito attraverso una reclusione solitaria come forma di punizione. È possibile immaginare uno spazio confinato in cui i detenuti possano trovare un percorso di riabilitazione e rieducazione?


Il principio di normalizzazione prende forma attraverso un’idea progettuale che si articola su due scale: quella urbana e quella architettonica. A scala urbana il concetto di portare l’esterno all’interno viene materializzato attraverso la progettazione di un parco urbano che permetta al detenuto di essere in costante interazione con la società locale in maniera controllata. Il parco è generato da una matrice quadrata che regola i vuoti urbani intorno alla struttura penitenziaria rigenerando una zona residenziale priva di spazi pubblici. Su tale griglia vengono posizionate alberature scelte in base alla loro stagionalità, altezza, dimensione e colore con l’intento di far percepire al fruitore il percorso detentivo del carcerato che non è più solo privazione della libertà ma mezzo attraverso cui riacquistarla.


A scala architettonica il progetto si propone di sovvertire il concetto di panopticon, di eliminare ogni forma di potere centralizzato, di pensare al carcere non come luogo di segregazione ma come luogo di vita, lavoro, riabilitazione e socializzazione. La struttura penitenziaria è articolata negli spazi intimi delle celle, contenute nella struttura originaria, e negli spazi comuni quali aree di lavoro, allenamento, svago e ristorazione, contenuti all’interno dei nuovi volumi generati da tagli che vanno a rompere il concetto centralizzato del Panopticon. L’intera struttura è fruibile sia dai carcerati che dal pubblico ma tra di essi c’è solo contatto visivo e mai fisico, ciò è garantito dallo studio delle connessioni verticali e orizzontali che collegano i vari volumi a diverse quote, enfatizzando maggiormente l’idea di non riconoscibilità di una struttura ben definita e autoritaria. Il nuovo carcere è pensato come un villaggio che tiene conto di tutti i limiti impliciti in una prigione ma che migliora la dignità e la vita dei prigionieri. L’architettura non è solo costruzione fisica ma è anche sociale e umana: Prigione-Architettura-Uomo sono intesi in maniera correlata.



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