Un progetto responsabile è un progetto in cui si ha consapevolezza dei carichi ambientali in ogni fase del processo edilizio.
L’ex cantina sociale di Viterbo è stata scelta come punto di partenza di una ricerca volta alla definizione di un metodo che supporti il progettista, per aiutarlo a scegliere soluzioni costruttive e materiali, al fine di giungere a questa consapevolezza.
Gli impatti ambientali risiedono in ogni fase del ciclo vita di un edificio, a partire dalla produzione dei materiali che vi saranno impiegati, passando per la costruzione e la fase d’uso, e fino alla dismissione, demolizione e smaltimento degli scarti.
È fondamentale che questa valutazione avvenga fin dalle prime fasi della progettazione, e non solo a posteriori.
Il metodo delineato sfrutta la tecnologia BIM che permette una rapida contabilizzazione degli elementi e dei materiali impiegati nel progetto e consente una simultanea modellazione di più alternative. L’analisi riguarda un singolo progetto architettonico ma il confronto coinvolge le alternative possibili per una stessa parte del progetto, come la struttura, i tamponamenti, le finiture, ecc. Il metodo è orientato verso la riduzione dei consumi di materie prime e di energia e verso la riduzione di emissioni inquinanti e la produzione di rifiuti. Vengono preferiti prodotti derivati da materie prime seconde e da impianti che sfruttano energie rinnovabili e che, a loro volta, possono essere riutilizzati e/o riciclati al termine della vita utile. In questa ottica sono privilegiate quelle soluzioni costruttive che prevedono il montaggio a secco, favorendo la disassemblabilità e, di conseguenza, il reimpiego dei componenti e la differenziazione dei materiali. La scelta di recuperare un edificio in disuso per la sperimentazione di questo metodo ricade sempre nell’ottica del riuso, ma alla scala dell’intero organismo edilizio. Salvando l’ex cantina dalla demolizione si continua a sfruttarne l’energia grigia, ovvero l’energia già spesa per la sua costruzione, e si evita l’impatto di dover smaltire 17395 tonnellate di rifiuti, per lo più non riciclabili. Il progetto architettonico è stato orientato alla flessibilità degli spazi, per poter trasformare e adattare l’edificio nel tempo.
L’intervento di trasformazione della cantina prevede la creazione di aperture sull’involucro e la rimozione di alcuni tini e solai interni in modo da rendere fruibile l’edificio alla luce e alle persone. I tini estratti saranno riposizionati all’esterno per costruirvi attorno una nuova struttura e sfruttarli, come quelli rimasti nella cantina, come ambienti vivibili. Il tino è l’elemento caratterizzante dell’intervento sia per la sua estetica che per la sua capacità portante, essendo realizzato in calcestruzzo armato. Questi elementi prefabbricati sono impilati uno sull’altro all’interno della cantina e una simile configurazione, ma a gradoni, verrà riproposta nel volume di ampliamento. La funzione per cui è pensato l’intervento è il coworking e, per questo, sono stati definiti spazi open space alternati da spazi di lavoro chiusi o funzioni speciali ricavati all’interno dei tini. Sia il volume dell’ex cantina sia quello dell’ampliamento sono caratterizzati da doppie altezze, compenetrazione degli spazi e ampie superfici vetrate, il tutto organizzato attorno ai nuclei di tini impilati. Per poter sfruttare i tini si è reso necessario praticarvi delle aperture e, in funzione della posizione rispetto alle fonti di luce naturale, è stata scelta la funzione più adatta tra spazi di lavoro privati, sale riunione, stanze per il riposo, piccole cucine e altro. L'accessibilità di ogni tino è risolta attraverso pedane sopraelevate, raggiungibili mediante rampe.