Strettamente legato al paesaggio del Bormida e alla sua identità culturale, il belvedere è pensato per ricucire un paesaggio che nel corso della storia è stato oggetto di abusi, di violenze e di abbandono.
Moltiplicato e collocato in diversi punti lungo la valle, in cresta così come vicino all’acqua, va a costituire una rete di piccoli dispositivi che agiscono come guardiani, assegnando alla collettività un ruolo attivo nel monitoraggio e nella cura del territorio. L’individuo diventa anch’egli guardiano del paesaggio, che, costellato dai belvedere, viene presidiato.
Come le antiche torri di avvistamento, da secoli presidi territoriali che punteggiano l’Alta Langa, il belvedere si sviluppa in verticale su due livelli: quello inferiore ospita uno spazio più intimo, dove è possibile meditare, riposare e ripararsi; quello superiore, aperto al paesaggio, offre diversi punti di vista che esortano ad osservare e a custodire il territorio circostante.
L’oggetto si mimetizza con il contesto nel quale viene inserito attraverso un involucro ligneo permeabile alla vista, richiamando la vegetazione arbustiva che cresce lungo il fiume. Il volume della scala tinteggiato di rosso diventa l’elemento di rottura, rimandando al colore del Bormida inquinato, al tema della fragilità ambientale e alla necessità attuale di prendersi cura del paesaggio.