Archistart

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HEMINGWAY MARTINI

15 parti di gin (6 cl)
1 parte di vermut dry (0,4 cl)
ghiaccio
buccia di limone


Ecco questo è uno dei miei momenti preferiti, vedo le sue mani veloci e sicure alzare la bottiglia ed il rito ha inizio, quando sento il ghiaccio cadere nel bicchiere poi qualcosa di ancestrale mi riporta alla mia infanzia. Ero troppo piccola per avere ricordi nitidi di quei giorni... Ricordo però che vivevamo in un appartamento sulla prima collina che accompagna Bologna verso l’Appennino, una zona borghese con vicini anziani indipendentemente dalla loro età anagrafica e cani stanchi che trascinano tutti i giorni i loro padroni a fare il giretto quotidiano del quartiere, un esercito di sentinelle con l’arduo compito di preservare l’immobilità assoluta. La nostra giornata era scandita da riti precisi che hanno formato in me una sicurezza dolce che mi accompagna ancora nei momenti più difficili. Ricordo come istantanee le mani di mio padre e quelle di mia madre; un po’ tozze e paffute con dita corte quelle di mio padre, affusolate ed eleganti con dita lunghissime quelle di mia madre, diverse esteriormente ma molto simili nel modo in cui sapevano rassicurarmi. Le ricordo al mio risveglio accarezzarmi la schiena e le guance, le vedo in cucina mentre preparano la colazione, le intravedo intorno al nodo della cravatta di mio padre subito prima di uscire per andare a scuola. Giorno dopo giorno sempre gli stessi movimenti, quando facevano qualcosa mi perdevo a fissarle per interi minuti quasi in trance seguendo quei riti dei quali conoscevo già la mossa successiva ed il gioco era vedere che succedeva esattamente quello che mi aspettavo.


Mi hanno sempre affascinato soprattutto i momenti che passavamo assieme in casa, la sera in salotto a leggere libri con mia madre, io seguivo incantata le sue dita mentre giravano le pagine e sentivo la sua voce cullarmi. Senza accorgermi come mi ritrovavo a seguire mio padre mentre si preparava meticolosamente il suo drink preferito, suo unico vizio dopo una giornata di lavoro. Io ovviamente non avevo idea di cosa stesse facendo ma erano quei movimenti e quei suoni a rapirmi, movimenti veloci, precisi, ritmati, il rumore strisciato del ghiaccio nel bicchiere che ruota, il movimento lento dello shaker, il tonfo del ghiaccio nel lavandino ed infine lo scroscio che riempiva quello strano bicchiere. Ed ora eccomi qua dall’altra parte del mondo a cercare di ritrovare quelle mani nelle persone che incontro per sentire ancora un po’ di quel calore, per tuffarmi di nuovo in quei giorni e fermare per un attimo il tempo che ormai sembra impazzito. “Excuse me madame... may I serve you something?” Trasalisco, ancora una volta persa nei miei pensieri seguendo le mani del barista, devo smetterla o la gente inizierà a pensare che sono matta! “Hemingway Martini, please”.

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