Archistart

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HY-TECH AGRITECTURE

ATA2019

Cos’altro può fare l’architettura?

L’architettura contemporanea, pur non spogliandosi del suo ruolo fondamentale del “perché” e del “come” uno spazio debba essere costruito, abitato o utilizzato, si trova oggi a raccogliere la grande sfida del “cosa” fare di fronte all’ineludibile e drammatica conseguenza dell’antropizzazione del territorio: l’esaurirsi delle risorse naturali disponibili e l’aumento di spazi costruiti e poi abbandonati.

Si è proposta una progettazione integrata, nella quale il recupero dello spazio diviene occasione per far convergere discipline e tecnologie apparentemente lontane, curandone l’aspetto estetico e funzionale.


Nell’ultimo ventennio si è fatta largo una nuova consapevolezza nei confronti dei limiti imposti dallo spazio in cui viviamo. Mai prima di oggi la scarsità di risorse e l’impatto umano avevano costituito un problema di tale portata. La sottrazione continua di risorse naturali e territoriali di fronte alla crescente domanda di richieste energetiche ed alimentari, ha superato già da tempo il limite del “non ritorno” ad un corretto equilibrio tra uomo e ambiente. L’uso di sostanze e materiali inquinanti poi, da una parte hanno minato pesantemente gli equilibri ecosistemici ed urbani e dall’altra, hanno contaminato lo spazio di produzione, il prodotto ed il consumatore stesso. Un reale intervento non è stato reso ancora possibile per via della crescente domanda di mercato, influenzante le scelte politiche globali. Numerose ricerche hanno portato ad identificare varie strategie adottabili per la risoluzione di queste criticità: tra esse risulta di grande interesse il sistema idroponico, una particolare modalità di coltura fuori-suolo che, a differenza di quella tradizionale, ha tra i molti vantaggi il considerevole risparmio idrico e la decontaminazione dei terreni dall’uso diretto di fertilizzanti e concimi. Inoltre, l’introduzione di fonti di luce LED, consente una drastica riduzione dei consumi energetici, un notevole miglioramento delle rese produttive e soprattutto il passaggio della coltivazione da un piano bidimensionale ad uno spazio tridimensionale.


Per troppo tempo si è sottovalutato l’impatto negativo sulla popolazione residente di opere architettoniche civili ed industriali. Sarebbe auspicabile che in una visione architettonica più attuale, la sostenibilità dell’intervento non si esaurisse solo nella fattibilità economica ed ambientale del processo, ma considerasse come obiettivo primario d’indirizzo la ricaduta sociale dell’intervento, inteso come un innovativo rapporto tra struttura e contesto, funzione-ospite, pubblico-privato. In quest’ottica, si rende necessario che il singolo cittadino diventi partecipe attivo del territorio e degli edifici in questo realizzati, attraverso la creazione di un sistema contestuale di interesse alla struttura costruita, del suo utilizzo diretto ed indiretto, attraverso la frequentazione e lo sfruttamento dei prodotti delle attività in questo svolto. L’obiettivo è quello di ridurre sempre più la netta dicotomia tra luoghi delle attività industriali utilizzate solo a questo scopo e popolazione forzatamente esclusa da un territorio che in fondo, comunque, gli appartiene. Partendo da queste considerazioni, e cioè dalla necessità di mettere al centro dei principi ispiratori di un intervento architettonico la possibilità di creare un sistema virtuoso ed auto-sostenibile, elementi sinergici e multidisciplinari, ecocompatibile e socialmente coinvolgente, si è dato sviluppo a questa tesi di laurea.



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jacopo d'Este

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