La seguente tesi indaga il tema del vuoto in architettura cercando di sintetizzarne i concetti per applicarli al modello abitativo della residenza universitaria, analizza la relazione tra spazio e fruitori e pone come obiettivo quello di costruire un luogo dove gli studenti siano liberi di esperire se stessi, creare nuovi rapporti sociali e integrarsi con la vita della città dove andranno ad abitare.
La vita dello studente si divide tra due realtà opposte, la stanza intesa come il luogo privato dove è possibile estraniarsi e vivere un momento di raccoglimento e la città intesa come massima espressione della vita pubblica. La tesi si basa sull'idea che per favorire l'integrazione e la socializzazione è necessario vivere uno spazio a metà tra la città e l'alloggio, uno spazio vuoto ma al tempo stesso sicuro dai limiti ben definiti in cui gli studenti siano liberi di esprimere se stessi e stabilire relazioni sociali. Studiare il vuoto significa indagare l’essenza dello spazio stesso, se etimologicamente significa privo di contenuto, che non contiene nulla o assenza di qualcosa, in architettura esso rappresenta un fattore inscindibile dall'architettura stessa divenendo un elemento importante tanto quanto il pieno. Il vuoto fa parte della quotidianità dalle persone, viviamo costantemente nello spazio vuoto ed è in esso che si svolge la vita. Il vuoto è lo spazio delle infinite possibilità grazie alle sue caratteristiche di trasformabilità e adattamento in funzione dell’uso di cui ne fanno le persone, appartenendo però ad una dimensione che va oltre alla percezione sensoriale dell’uomo il vuoto può incutere timore e smarrimento, questo tipo di concezione appartiene prevalentemente alla cultura occidentale, contrariamente nella cultura orientale il concetto di vuoto è strettamente legato alla religione Taoista che trova la sua massima espressione nel giardino tradizionale Giapponese. Secondo questa visione il vuoto non è contemplabile attraverso i sensi umani, ma solo attraverso la forma che è in grado di definirne il limite.
La definizione del limite è il fattore che permette la costruzione del vuoto, prendendo come riferimento le sculture di Jorge Oteiza ed Eduardo Chillida emerge come il vuoto possieda caratteristiche diverse a seconda del metodo utilizzato per ottenerlo. Oteiza definisce il vuoto tramite costruzione, generando soluzioni che escludono l’uomo dall'interno per renderlo solo spettatore, Chillida contrariamente ottiene il vuoto attraverso sottrazione di materia pretendendo la presenza umana al suo interno per completare l’opera. Analizzando il tessuto urbano della città storica emerge come lo spazio vuoto della piazza inneschi meccanismi di aggregazione di incontro e socializzazione, la sua spazialità permette di accogliere diverse attività durante la giornata costringendo le persone a muoversi per cercare quello di cui hanno bisogno, questo a causa dalla segmentazione delle varie funzioni all'interno del tessuto urbano, generando flussi e incontri casuali tra le persone e stimolando la socializzazione. La città stessa per la sua configurazione definisce un limite e rende il vuoto controllabile permettendo un certo livello di auto controllo, vedere edifici abitati e persone per le strade rende lo spazio sicuro e piacevole da vivere. Il progetto architettonico rielabora le precedenti osservazioni attraverso la progettazione di una piastra rialzata che permette di staccare il progetto dal livello della città, costruendo uno spazio aperto di uso pubblico ma allo stesso sicuro e controllato i cui limiti sono stati definiti attraverso gli edifici residenziali. La segmentazione degli edifici ha permesso di definire un centro e di distribuire le funzioni collettive alla loro base permettendo così un flusso costante di studenti attraverso lo spazio vuoto.