Nota a molti è l’Incompiuta di Brendola, dalla sommità del colle spicca per imponenza e posizione quello che doveva diventare il Duomo della città, un unico “tetto riunificativo” del forte campanilismo presente nella zona, ora non è altro che una rovina dedicata a San Michele Arcangelo.
Il progetto datato 1930 è concepito dalla mente dell’architetto Fausto Franco, sotto impulso dell’arciprete Don Francesco Cecchini. L’idea comprende un concetto di forma classica fortemente simmetrica ma schiettamente moderna e monumentale che ricevette ottimi responsi dalla popolazione e dalla Diocesi di Vicenza, con un immediato avvio dei lavori.
Dopo il periodo di costruzione dal 1931 al 1949, il cantiere si bloccò senza più ripartire, a causa dei conflitti della Seconda Guerra Mondiale e del forte campanilismo di opposizione che diedero uno stop definitivo del cantiere destinando la Chiesa a rimanere in rovina ed abbandonata per oltre 70 anni. La struttura ormai ridotta al suo scheletro di base a causa dei ripetuti crolli e cedimenti è oltretutto in una condizione di spazio residuale rispetto all’organismo urbano. La sua rigenerazione è al centro della volontà degli abitanti del luogo che l’hanno eletta a simbolo del paese. Necessario e improrogabile è un intervento che, in base alle esigenze di Brendola e della sua cittadinanza, deve essere leggero, accompagnato da un restauro conservativo della Chiesa e il dialogo di essa con il paesaggio circostante. Il progetto proprio a causa delle caratteristiche del luogo si articola su diversi passaggi di scala che interessano l’edificio e l’immediato intorno a scala architettonica, i percorsi e gli edifici di pregio storico culturale a scala urbana e l’impianto e le caratteristiche del comune a scala paesaggistica. La tesi parte dallo studio approfondito di tutto il territorio nel suo sistema ambientale, insediativo e vincolistico, dove è evidente come tutto è unito e graviti intorno alla chiesa, la quale trovandosi in una posizione centrale diventa un filtro, un perno, un elemento di unione del paesaggio.
La strategia parte dall’idea di ampliamento, una riconfigurazione atta a creare uno spazio pubblico, fruibile e accessibile, cosicché da trasformare L’Incompiuta in un “Fatto urbano” caratterizzato non solo dalla sua storia ma soprattutto dalla fruizione delle e per le persone di uno spazio utile 365 giorni all’anno per i più diversificati possibili impieghi, quali: esposizioni d’arte, sfilate, musica dal vivo, eventi, festival estivi, ecc. Il progetto ha lo scopo di mantenere l’aspetto morfologico della Fabbrica e renderla una costruzione versatile con un contrasto materico simboleggiato dalla leggerezza di una nuova struttura in alluminio e dalla vecchia solidità della Pietra. Così facendo la Chiesa potrà mantenere quell’aura atemporale e restituire un punto di riferimento per quella che è, e rimarrà la Porta dei Colli Berici.