Ci troviamo nel territorio del comune di Pollina, uno dei borghi del Parco delle Madonie che si eleva su un promontorio roccioso (oltre i 700m) a 4 km dal mare. La volontà di indagare questo luogo trova la sua ragion d’essere nelle sue peculiari caratteristiche morfologiche e topografiche. Dopo un’attenta lettura interpretativa del territorio preso in esame, si è scelto di intervenire sulla rupe, luogo in cui il PRG (non in vigore), redatto da F.Taormina, prevedeva la realizzazione di un parco scientifico per la manna, dei parcheggi interrati ed un sistema di collegamento scavato nella roccia. Tra gli schizzi del piano si nota un appunto: «La rupe può essere solo un perimetro naturale, o è altro?». E’ da quì che prende avvio il progetto.
L‘area è dunque dominata da un promontorio roccioso su cui si erge il nucleo storico del centro abitato che dialoga con il paesaggio circostante, anche alla lunga distanza, attraverso un teatro scavato nella roccia. L’area di progetto, contrada Casalicchio, è un angolo del territorio ancora intatto nel quale prevale la morfologia primitiva aspra e campestre ed è raggiungibile attraverso una piccola deviazione carrabile che si snoda dall’incrocio di accesso al borgo. La finalità del progetto è quella di realizzare un polo culturale, al momento assente nella realtà urbana di Pollina, che esalti le caratteristiche del luogo e diventi punto di riferimento per lo studio e la ricerca delle sue peculiarità. La volontà di preservare e salvaguardare il contesto agreste ha orientato talune scelte progettuali verso il tema dell’architettura ipogea. Un tema che si fonda essenzialmente sul rapporto “poetico” tra spazio, luce e materia. Attraverso tale gesto progettuale è inoltre possibile ottenere in alcuni ambienti una climatizzazione passiva per assicurarsi condizioni interne di comfort sfruttando l’inerzia termica. Il gesto insediativo, per tali motivi, scaturisce da uno scavo e si presenta con una serie di volumi affioranti che, come monoliti, riprendono il sistema di rocce emergenti su di un basamento artificiale: la piazza. Questa cerca di integrarsi con il luogo con una copertura verde che diventa un punto di osservazione privilegiato oltre che copertura di un parcheggio interrato.
L’impianto trova le sue origini nella composizione orografica del terreno e si articola su due livelli connessi da un asse centrale che diventa sistema di collegamento e asse visivo e direzionale oltre che elemento divisorio ma non separatore tra gli spazi: i due volumi emergenti (spazio espositivo con archivio e auditorium) e le aule studio con le strutture ricettive. Dal suo prolungamento si ricava un percorso ipogeo scavato nella roccia che conduce ad un sistema di risalita con scala ed ascensore. Da tale livello è possibile intraprendere un percorso naturalistico e stabilire un rapporto diretto con il paesaggio attraverso la progettazione di tre “camere ottiche” concepite come scatole stereotomiche che rimandano alla durezza delle rocce. Il rivestimento dell’opera è pensato in pietra intagliata locale. Il colore ocra dell’arenaria si armonizza con il contesto e ne sottolinea l’unità concettuale. L’ esperienza progettuale ha cercato di rispondere ad un’esigenza intrinseca nella natura del luogo attraverso la proposta di un’opera concepita con un procedimento costruttivo tipico dell’architettura nella roccia. Nel processo di elaborazione progettuale si è cercato di cogliere i significati più profondi del luogo, richiamandone la storia, le tradizioni e i suoi caratteri per dar vita ad un' architettura che tenta di stabilire con il contesto una dimensione osmotica. Il luogo è il punto di partenza dell’intervento dell'architettura morfologicamente determinata