Sin dalle prime mostre tenutesi nella Villa Reale di Monza nacque l’esigenza di trasferire le Esposizioni Internazionali a Milano. Fu deciso di collocarle nel cuore della città: Parco Sempione. L’incarico venne affidato all’architetto G. Muzio che scelse personalmente il lotto posto a completamento del sistema cardinale del Parco. L’edificio venne realizzato tra il 1931 e il 1933. Sintesi perfetta della poetica di Muzio, rappresenta chiaramente il binomio fra tradizione ed innovazione nel suo dialogo tra Novecento e Razionalismo. Oggi, novant’anni dopo la sua costruzione, la Triennale necessita di nuovi spazi per ospitare la collezione degli oggetti del Museo del Design Italiano che nel corso degli anni è diventata sempre più consistente.
La volontà dell’Ente è quella di ampliare gli ambienti espositivi e collegarli direttamente al Palazzo dell’Arte in modo da mantenere inalterata la funzionalità distributiva dell’edificio preesistente. Il progetto di ampliamento si pone come obiettivo il costante dialogo con la preesistenza, grazie all’impiego di elementi e soluzioni architettoniche che ricalcano le scelte compositive di Muzio. Tale rapporto è mantenuto riproponendo il dualismo tradizione-innovazione: i riferimenti all'architettura milanese ed in particolare ai suoi cortili, l'uso di materiali e tecniche costruttive della tradizione italiana si alternano al linguaggio industriale delle grandi strutture in acciaio a sostegno delle ampie vetrate. Durante il percorso espositivo si susseguono affacci sul paesaggio circostante così da mantenere costante il rapporto visivo con la preesistenza: non soltanto con il Palazzo dell'Arte, ma anche con Parco Sempione, la Torre Branca di Giò Ponti e il Castello Sforzesco. Il nuovo edificio, collegato con l'esistente attraverso un percorso ipogeo, ai piani fuori-terra si pone parallelo al corpo della Triennale e si rivolge verso il centro storico facilitando l’accesso ai visitatori. Una piazza anticipa l'entrata del nuovo Museo; una volta attraversata, il visitatore, passando sotto il pesante ponte d’ingresso a compressione dello spazio libero lasciatosi alle spalle, si ritrova nella prima corte dell’edificio, dove è subito chiaro quale sia il portale d'accesso al Museo.
Il progetto di allestimento comprende due sale del museo. La prima di queste si divide in tre momenti. A sinistra, nella parte più alta della sala, illuminata da luce naturale, si trova una pedana unica longitudinale sulla quale viene esposta una selezione di dodici oggetti rappresentativi del rapporto di Sottsass con la produzione industriale. Al centro della sala, nella parte più bassa, vi sono delle teche in cui sono esposte le ceramiche divise in gruppi: Ceramiche di Lava, Rocchetti e Isolatori, Ceramiche a Fischietto, Ceramiche delle Tenebre, Ceramiche Offerte a Shiva, Ceramiche a Colaggio, Ceramiche Yantra. In queste ceramiche il visitatore può percepire al meglio il concetto di coesistenza di spiritualità e forma nell’oggetto secondo lo stesso Sottsass e attraverso queste capire come l'architetto abbia sempre cercato di trasferire questo principio anche all’oggetto industriale. A parete è appesa la serie “Metafore” divisa anch’essa per gruppi: Fotografie isolate, Disegni per i destini degli uomini, Disegni per i diritti degli uomini, Disegni per le necessità degli animali, Fidanzati, Decorazioni e alcune fotografie polaroid di Sottsass e la compagna Barbara Radice successive alle ’Metafore’. Nella seconda sala più piccola si trovano alcuni dei totem, di influenza più americana, realizzati tra il 1965 e il 1966 per la mostra “Menhir, Ziggurat, Stupas, Hydrants & Gas Pumps” del 1967 e a parete alcuni dei disegni preparatori della mostra.