Prima area agricola, poi sede dell’Italsider, Bagnoli è oggi uno dei più discussi vuoti urbani in attesa di bonifica, nonostante le tante potenzialità.
“Post-industrial landscapes: nuovi paesaggi per Bagnoli” è uno studio che, partendo dall’analisi del sito e dell’approccio della scuola di paesaggio tedesca al tema della riqualificazione post-industriale, sviluppa un progetto che guardi alla complessità dell’area.
La sua vastità rende impossibile la realizzazione di un unico grande parco urbano come fino ad oggi proposto e suggerisce, invece, la destinazione di una sua parte ad uso agricolo.
Il progetto presentato nasce da queste considerazioni e propone un masterplan suddiviso in diversi ambiti di progetto, i "nuovi paesaggi” del titolo, definiti dalle esigenze paesaggistiche e sociali alle quali rispondere. Partendo da una ridefinizione della viabilità, suggerita dal tracciato del preesistente poligono militare e dalla necessità di recuperare il rapporto con il mare, i nuovi ambiti di progetto si concretizzano in aree naturalistiche ed aree attrezzate che dialogano tra loro, con l’obiettivo primario di conservare e potenziare le risorse esistenti, architettoniche e naturali. Per le principali aree naturalistiche, quella dunale e quella umida, è stato studiato un processo di rinaturazione che le ponga in continuità l’una rispetto all’altra e le renda attrattive soprattutto per attività legate all’avifauna.
Le principali aree attrezzate sorgono in corrispondenza dei quartieri abitati, Cavalleggeri e Bagnoli, e si configurano come luoghi di socialità e ristoro connessi in modo diretto e attivo con la città. Particolarmente significativo è l’ambito del Poligono che attraversa da est ad ovest l’intera area di progetto e che si trasforma a seconda dei paesaggi con cui entra in contatto: da area urbana diventa area naturalistica ed, infine, spiaggia attrezzata. Ma la sua importanza si esplica anche in senso longitudinale, preannunciando l’ Area Produttiva. Si tratta di un’area agricola a rotazione di colza e girasole che, oltre a migliorare il terreno, è stata dimensionata per produrre una quantità di biocombustibile tale da alimentare energeticamente il polo museale di Città della Scienza. Recupero e potenziamento, dunque, ma anche fattibilità.