Il progetto racconta le potenzialità di Teor, un piccolo paese nella pianura friulana. Lo studio si è occupato di cogliere le piccole sollecitazioni presenti e di metterle in rete, di far emergere la vitalità delle corti, la ricchezza della campagna e la trama di relazioni sociali. Il punto di vista si inverte, i vuoti cominciano un nuovo ciclo di vita, diventano luoghi dello stare attraversati da una rete di mobilità lenta attiva. La visione futura di Teor presenta un paese in fermento dove è concretamente visibile l’impatto sociale del progetto partecipato, site-specific, capillare e del dialogo tra pubblico e privato. Il processo dimostra come azioni deboli e diffuse possono innescare processi di riqualificazione territoriale e sociale.
Strappando la fotografia attuale del paese si scoprono le qualità del paese, il contesto si rivela solo apparentemente inattivo e dormiente, emergono infatti molte attività e luoghi di vita sottovalutati e dimenticati dagli abitanti e dalle amministrazioni. La descrizione dello stato di fatto del paese ha permesso alla popolazione di prendere coscienza ed essere finalmente consapevole delle qualità ambientali, sociali ed economiche del suo territorio e di leggerlo attraverso uno sguardo nuovo, in un’ottica di sviluppo sostenibile e concreto. Questi fattori hanno influenzato fortemente il progetto e hanno contribuito all’individuazione di alcuni vincoli ritenuti necessari alla valorizzazione del paese: consumo di suolo zero, recupero degli edifici abbandonati, utilizzo di materie prime locali, implemento dell’attività artigianale legata al territorio, valorizzazione della vita comunitaria nelle corti e della qualità paesaggistica della campagna retrostante. Nel progetto si ribalta l’idea di Teor, della strada e dell’ingresso alle abitazioni: si arriva al paese attraversano la campagna, si entra nelle case dal giardino e lo spazio di condivisione sono le corti e non più la strada. La complessità della relazione tra racconto e progetto prevede che il paese sia vissuto realmente, che l’orecchio dell’architetto sia teso, pronto ad ordinare alla mano di tradurre quello che l’occhio vede. La descrizione accurata e critica permette di costruire un progetto aderente al contesto.
Dalla fase di ascolto degli abitanti e delle loro storie emerge un progetto implicito che unendo un pulviscolo di piccole attività costituisce una sequenza di minute microstorie. Scale differenti di analisi critica e interpretazione si sovrappongono all’intreccio tra ascolto e progettazione, diventando elemento imprescindibile. Il racconto si sviluppa attraverso il dialogo tra i desideri delle persone e le necessità progettuali; qui si incontrano le azioni bottom-up degli abitanti e una serie di interventi top-down: la ricucitura dei percorsi secondari e ciclabili frammentati è una delle principali azioni affidate all’amministrazione comunale, è solo attraverso un progetto comune a larga scala che tutte le nuove attività potranno essere parte di un sistema capillare e strutturato. Aiutando i processi già in atto a svilupparsi e a sostenersi vicendevolmente si creano precedenti virtuosi che dimostrano come la valorizzazione di progetti minuti e fini a piccola scala porta benefici e welfare anche su scala territoriale. Mettere le mani sulla città significa quindi ri-usare il patrimonio edilizio abbandonato, dare valore alle scintille di vita presenti nel paese e proporre attività legate alle tradizioni del territorio. La trasmissione del progetto è facilitata da alcune viste in movimento [flipbook]: la scena permette di spostarsi nei luoghi caratterizzanti delle microstorie per vivere la spazialità fisica dei luoghi e vedere l'inserimento del progetto all’interno del contesto.