Lo spazio eterotopo che caratterizza la biblioteca è identificabile, secondo la concezione radicata nella nostra cultura, da due spazi costitutivi complementari: lo “spazio per il libro” e lo “spazio per l’uomo”.
Ogni biblioteca a modo suo è una capitale del sapere, un globo della conoscenza che non contiene più libri, ma contiene menti che producono pensieri e idee: idee che danno il sapere, idee che risiedono in uno spazio in cui non esistono limiti, uno spazio iperuranico.
É uno spazio senza bordi, uno spazio senza con ni nel quale possono incontrarsi e confrontarsi menti diverse, incrementando il sapere di ogni singolarità. L’individuo vive lo spazio biblioteca, non più come chiuso ma come una Piazza dei Saperi accessibile a tutti.
L’approccio spaziale al tema della biblioteca è basato sullo studio di alcuni progetti, una lettura diagonale lungo il tempo: dalle prime biblioteche pubbliche della romanità a quelle più recenti, fino agli esempi del XXI secolo, osservando come differenti soluzioni spaziali possano dipendere dall’introduzione di nuovi mezzi per la trasmissione del Sapere. Le osservazioni si sono incentrate sugli spazi - costitutivi e complementari - della biblioteca: identificabili nello spazio per il libro e lo spazio per le persone; in particolare, cercando di comprendere le regole di due differenti tipi di biblioteca: uno in cui il libro condivide fisicamente lo stesso spazio delle persone e uno in cui libri e persone occupano spazi architettonici distinti. I casi studio selezionati come più emblematici vengono rappresentati estrapolando da ciascuno le spazialità cosiddette principali, le più riconoscibili e caratteristiche, icone esplicative del processo di composizione di ciascun progetto. Con particolare processo di scomposizione e ricomposizione per parti, si è quindi elaborato un montaggio di progetti lontani tra loro nel tempo e nello spazio, la cui regola aggregativa è data esclusivamente dalla proporzione e successione logico-funzionale degli spazi: il risultato è una toolbox rappresentabile attraverso la sezione piana di un’architettura immaginaria.
Una biblioteca, uno spazio delimitato dalla staticità del permanere dell’involucro esterno, forma assoluta e antropica, che si sovrappone alla tessuto urbano esistente riprendendone il rigido disegno geometrico. Una geometria identitaria che si aggiunge ai simboli di København istituendo così relazioni e tensioni con la città stessa, attraverso una permeabilità a terra generata da quattro ingressi cardinali che restituiscono lo spazio sottratto alla città. Uno spazio del sapere come evoluzione del tipo architettonico in grado di assorbire ed adattarsi alle contingenti evoluzioni del mezzo per la conoscenza: non più una rigida distinzione tra spazio per il libro e spazio per le persone, ma piuttosto uno spazio senza limiti. In questo senso la pianta diventa di fondamentale importanza nella definizione della struttura compositiva della nuova biblioteca, basata su due principi ordinatori: il recinto e lo spazio protetto. La massa dell’involucro esterno, lascia spazio alla volontà mutabile dell’interno, che cambia di assetto e consistenza: uno spazio fluido capace di conformarsi come un’unica stanza che sale e scende di livello e con essa i libri. Il sistema è in continua ascesa, in cui gli ambienti si susseguono uno sull’altro determinando una non-direzionalità spaziale. Gli spazi possono essere percorsi ed attraversati liberamente senza vincoli, senza distinzioni tra percorrenza e spazi dello stare.